Misurina
The Heart of the Dolomiti
 
 
 
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Misurina è una delle oasi naturalistiche più belle del mondo.
Conosciuta soprattutto per il lago di origine glaciale nelle cui acque si specchiano: le Tre Cime di Lavaredo, i Ciadìs di Misurina, il Sorapiss, il Cristallo, il Piz Popèna, le crode dei Rondoi e la Torre dei Tre Scarperi.
Cinta da splendide foreste di aghifoglie, si eleva a 1800 metri sul livello del mare.
Le foto invernali, estive, autunnali e primaverili di Misurina le potete ammirare su: 
 


Nel mese di  maggio 2006 è apparso sotto alle Tre Cime di Lavaredo il trenino di Misurina.
Chi desidera conoscere Misurina ed il suo splendido lago da una visuale diversa, ora ha una nuova opportunità.
Il trenino si addentra anche nel bosco degli gnomi, riesumando un antica leggenda.
I rarissimi pini cirmoli e le stupende cime del Cristallo, Sorapiss, Popéna, Ciadìs de Misurina e le Tre Cime di Lavaredo vi incanteranno.
 
Per informazioni su orari e costi:


Le Regole di Auronzo Proprietarie di Misurina

Da tempo immemorabile le due Regole della Villa Grande e della Villa Piccola riunite nel Magnifico Commune Generale di Auronzo, sono proprietarie di un vasto territorio che da Treponti va fino al Ponte della Marogna, Cima del Monte Cristallo, Cima di Monte Piana, Vette delle Tre Cime di Lavaredo, Cima del Monte Paterno, Cima del Monte Cengia , Cima della Croda dei Toni e Cima del Monte Popera. Fino all’anno 1752 i confini del territorio di proprietà delle due Regole erano molto più ampi e raggiungevano la vetta della Torre di Toblin, la vetta della Torre dei Tre Scarperi e la vetta del Monte Rudo. Nel 1752 la Repubblica di Venezia e l’imperatrice d’Austria Maria Teresa, hanno inviato i propri rappresentanti a Rovereto per definire le annose vertenze di confine che hanno visto contrapposte per secoli le Comunità di Auronzo con quelle di Ampezzo e di Dobbiaco. Fino al 1582 il confine tra Auronzo e Dobbiaco passava per Landro, comprendendo anche il lago omonimo. Quello tra Ampezzo ed Auronzo era invece fissato sul coston di Costabella e la cima del Monte Cristallo. Nel 1582 , nel 1589 e nel 1752, a seguito dei trattati in materia di confini firmati in tali anni dalla Serenissima e dall’Austria, le Regole di Auronzo furono private di parte del proprio territorio. Nel 1582, la linea di confine indietreggiò Da Landro al Ponte della Marogna, nel 1589 dal Coston di Costabella al Monte
Fumo ossia il Rauhkofel e da Landro al Sasso Gemello. Nel 1752 fu data la mazzata finale. Le Regole di Auronzo persero tutta la Valle di Rin Bon, che era stata difesa per secoli anche dai Patriarchi di Aquileia, come dimostrano le sentenze delle cause tenute nel castello di Pieve di Cadore dal 1341 al 1375, delle quali ci sono rimaste le pergamene. La Repubblica di Venezia ormai in declino, cedeva parte del territorio di Auronzo per ottenere da altre parti. Ma le due Regole conservarono la proprietà di Misurina, della Val Popena Alta e Bassa, di quasi tutto il Monte Piana, della Valle di Rin Bianco, della Valle di Longeres, di parte del Monte Arghena, delle due Monti de Inze e de Fora, di Longeres, dei Piani di Lavaredo, di Cengia, di Cianpedele e di tutti i Ciadìs de Misurina, comprese Maraja, il bosco di Costalta e Federavecchia. Grazie alle secolari vertenze di confine, nessun altra Regola ha la possibilità di attingere a una così vasta mole di manoscritti,

documenti e mappe, che definiscono e stabiliscono senza nessun ombra di dubbio a proprietà e le competenze delle due Regole e del Magnifico Commune Generale. Sono migliaia di manoscritti e documenti a stampa che sono conservati negli archivi di Venezia (nell’archivio di Stato, nella biblioteca Marciana, nella biblioteca del Museo Correr), Biblioteca Cadorina di Vigo di Cadore, archivio della Magnifica Comunità di Cadore, archivio antico del Comune di Auronzo, archivi delle Regole e del Comune di Cortina d’Ampezzo ed altri di proprietà

privata. Moltissimi manoscritti, documenti e importanti mappe sono conservate anche negli Archivi austriaci ed in particolare ad Innsbruck ed a Vienna. Altre mappe sono state sottratte dall’archivio segreto della Serenissima e sono state portate a Parigi dai generali francesi durante l’invasione di Napoleone. Ho saputo che il prezioso materiale giace rinchiuso in casse di legno, nei sotterranei dei Musei e della Biblioteca Nazionale. Durante 30 anni di ricerca ho potuto visionare moltissimi di documenti e manoscritti, ho ritrovato preziose mappe e acquisito a mie spese migliaia di fotocopie e microfilm. Molto materiale di rilevante importanza per le Regole giace ancora sugli scaffali e negli scantinati di archivi pubblici e privati sparsi in tutta Europa. Manoscritti sulle Regole di Auronzo sono stati trovati anche in un negozio di antiquariato di New York negli USA. Grazie ai miei studi ed alle annose ricerche, sono in grado di risalire con facilità ai luoghi dove sono conservati e quindi recuperare tramite fotocopie e microfilm tutto ciò che è possibile.

LE PERGAMENE


Molte sono le pergamene che riconoscono la proprietà di Misurina e delle sue adiacenze, qui riportiamo solamente le più importanti:


"Il documento più antico conservato negli archivi, contenente i confini fra Ampezzo ed Auronzo è del 1318. Questi confini erano certo già anteriori al documento e fissati dalla consuetudine almeno già alla fine del 1200. Ora però è sorta “una lite ed una questione” perché i confini. fra i pascoli di Misurina ed i pascoli ampezzani sono ancora “indeterminati”, cioè senza una linea di divisione ben determinata; le greggi dell'una o dell'altra parte hanno pascolato finora la zona di confine senza osservare un limite preciso. I termini vengono fissati in modo ancora assai empirico, essendo costituiti, in gran parte, da alberi contrassegnati. Anche una costa o un sasso sono termini tutt'altro che chiari. Tuttavia, alcuni punti fondamentali ci sono e tali essi restarono attraverso i secoli fino a tutt'oggi:

1. la Crepa rossa, cioè una roccia rossiccia, sul crinale fra il versante di Misurina è la Val Popena alta,

vicina ad una forcella, quella percorsa oggi da un sentiero che porta alle rovine del rifugio Popena;

2. un Forame, cioè un varco, una spaccatura nel gradino roccioso sottostante la Forcella;

3. la Pausa Comunale, cioè l'attuale Federavecchia;

4. il Rio Maggiore, cioè il torrente Ansiéi.

Musulina, (Misurina) è chiamata qui tutta la zona, ma già da questa prima confinazione risulta evidente che

il Lago e dintorni appartengono ad Auronzo, perché restano ben al di fuori della linea che congiunge la Crepa Rossa a Federa vecchia. Gli Ampezzani riconoscono ed accettano questo confine e ciò è fondamentale. Questo documento perciò renderà vane tutte le loro proteste posteriori.”


Determinazione dei confini tra la Comunità di Auronzo e la Comunità di Ampezzo effettuata il 3 luglio 1318.

Tradotta da varie trascrizioni in latino trovate nell'Archivio del Comune di Auronzo, buste 26, 27, 28. La pergamena originale è conservata presso l’archivio comunale di Cortina d’Ampezzo. Negli archivi di Venezia, Innsbruck e Vienna ci sono varie copie con traduzioni in italiano e tedesco della pergamena.

"L’anno del Signore 1318, indizione prima, terzo giorno del mese di luglio, presenti Paisio notaio di Pelos di Cadore, Bartolomeo detto Lucheto del fu Ruteto di Vinigo, Guido del fu Andrea di Gera in Comelico, Odorico detto Sargnino di sopra la chiesa di Auronzo e altri. Vista la lite e le questioni fra gli Uomini e la Comunità di Monte Larieto di Ampezzo da una parte e gli Uomini e la Comunità di Auronzo dall'altra parte per i Monti di Mysulina che erano indeterminati fra le predette Comunità. Per cercare di por termine alla lite e tacitare le questioni, furono costituiti ed ordinati i seguenti sindaci e procuratori, dalla Comunità e dagli uomini di Lareto di Ampezzo:

Paisio di Chiave di Ampezzo, Giovanni fu Odorico di Chiave, Paisio detto Paisola di Fernamusino insieme a Gerardo del fu Benvenuto di Grava di Ampezzo, marigo degli Uomini e della Comunità di Larieto; e dalla Comunità e dagli Uomini di Auronzo:

Domenico di Chiesura, Pietro detto Tamburlo di Auronzo e Giovanni fratello di Agorjano di Auronzo insieme a Pandolfo figlio di Giovanni di Talea di Auronzo; tutti i quali sindici e procuratori, eletto me Francesco notaio per quelli di Ampezzo e il predetto Paisio notaio di Pelos per quelli di Auronzo, prestato giuramento di confinare e designare in buona fede e senza frode tra le predette Comunità il monte di Mysulina, di dividere e di mettere i termini e di stabilire i confini essendo tutti i procuratori ed i Marighi di ambedue le parti congregati insieme nello stesso monte di Mysulina sotto la Crepa Rossa per determinare e dividere

da quelli di Ampezzo, la parte del Monte che hanno quelli di Auronzo: posero e stabilirono come primo termine la stessa Crepa Rossa mirando in linea retta attraverso un Forame a una forcella nella parte superiore della stessa Crepa, la quale Forcella è quasi sulla cima della stessa Crepa Rossa verso Auronzo; e da detta Forcella e Forame verso in giù mirando in linea retta ad un albero segnato, il quale albero è presso un regolato sotto la stessa Crepa; quindi verso in giù fino ad un masso forato, il quale masso giace sulla sponda di un rivo dalla parte verso Auronzo, quindi lungo il rivo verso in giù e il rivo stesso divide fra di loro fino ad un certo laghetto situato in un piano vicino allo stesso rivo e presso il laghetto ci sono alberi segnati da tutte due le parti del rivo; e dal rio, laghetto ed alberi segnati confinando in linea retta verso Larieto: da un albero contrassegnato all’altro fino ad una costa, sulla quel costa è segnato un albero vicino ad un masso; e da quella costa di albero in albero segnato proseguendo verso Larieto fino alla costa che c’è presso al rivo che scorre vicino alla

Pausa Comunale e ciò nella Costa dalla parte di Larieto, nella qual Costa sono segnati alberi presso ad un masso; e da quel masso proseguendo in linea retta verso in giù per la stessa costa, di albero in albero segnato fino alla Pausa Comunale e dalla stessa Pausa Comunale in giù, il rivo maggiore che scorre di là divide i confini. La Pausa Comunale sia comunale per l'una e l’altra parte e la parte che per prima l’avrà occupata non ne possa esser scacciata dall’altra I predetti uomini e Comunità di Auronzo possano liberamente andare e tornare con le loro pecore e bestie tutte per la via dalla Pausa Comunale in giù. Tutto quello che è sopra le Penne è in Comune fra di loro e quella parte che vi arriverà per prima non possa esserne scacciata dall’altra.

La parte che pascolerà o oltrepasserà questi termini e confini possa essere pignorata dall’altra parte di 6 bestie o capre per ogni gregge di Monte, ma solo di 2 bestie o capre del gregge o Fedaria del piano, salvo se il pastore anziano del gregge giurerà di non averlo fatto con frode o malizia ma senza saperlo e allora gli si restituirà il pegno senza condanna. Che tutto quanto è stato soprascritto e la confinazione eseguita con il consenso dei rispettivi merighi, sindici e procuratori sia rispettato in perpetuo e non venga contraddetto per nessuna ragione o causa. Si rilasciano due istrumenti (pergamene) una per parte. Fatto sul Monte di Mysulina, nella Pausa Comunale in cima alla riva, sia lodato il Signore". Io Francesco di Pietro notaio sono stato presente alla terminazione e divisione ed in buona fede scrissi. Nel 1381 auronzani ed ampezzani si ritrovarono e sottoscrissero una nuova pergamena, il cui originale è conservato nella Regola di Lareto in Ampezzo e le cui copie e trascrizioni in varie lingue sono, come per la precedente, conservate in vari archivi

italiani ed austriaci: In un documento del 1381, conservato nell'archivio della Regola di Lareto, il Capitano ed il Vicario del Cadore proibiscono severamente agli Auronzani di affittare i pascoli ed i prati o di vendere il fieno ai teutonici cosicchè il fieno deve essere condotto attraverso il Passo e le fortificazioni fatte dalla Comunità di Cadore nel luogo della valle o per altrove, poiché ciò è contro l'onore ed il buono stato della Santa chiesa di Aquileja e anche della terra del Cadore. (La valle è la Val Popena e la fortificazione, detta per lo più Spalto era a circa metà strada fra Misurina e l'attuale Carbonin). La nuova confinazione non portò nessun progresso rispetto a quella del 1318 e nessun vantaggio agli Ampezzani. Punti fermi restarono ancora:
1. la Crepa Rossa e una vicina sfisura cioè la forcella;

2. il Forame soprastante ad un punto nuovo: la Pausa Marza;

3. la Pausa Comune;

4. il Rio Maggiore (l'Ansiei) -

Restarono ancora in comune la Pausa Comune (Federavecchia) e tutto quello che è al di sopra delle Penne, cioè l'Alta Val Po Penes o Popena e così pure restarono in vigore le altre prescrizioni del 1318. Il confine fu di nuovo segnato in gran parte su alberi, sui quali venne intagliato un segno caratteristico circolare, detto ruota.

Anche stavolta del bosco non ci si interessa ancora: per ora sono importanti solo i pascoli. In questo documento però si ripete più volte, con insistenza, forse per rintuzzare pretese ampezzane: il Monte di
Misolina (Misurina), è di quelli di Auronzo e gli Ampezzani lo riconoscono.

Ecco la traduzione dal latino del contenuto della pergamena:


"L’anno del Signore 1381, indizione quarta, il penultimo del mese di giugno, nella villa di Pieve di Cadore, nella samasa (vano vuoto sopra il piano abitato) della casa di pietra (allora ce n’erano ben poche) del notaio Marquardo che fu di ser Nicoletto della Stopa mercante di legname di Venezia, presenti Bartolomeo notaio ed officiale di Oltrepiave figlio di ser Giovanni della Piazza di Candide di Comelico, Pietro del fu Olverado di Col di Ampezzo di Cadore, Pietro del fu Meneghello di Val di Ampezzo, Azzetto del fu Pietro di Azzone di Ampezzo, Antonio detto Borsatto di Laggio del fu Riccobuono di Caralte e molti altri testimoni chiamati e pregati dalle parti. Essendoci una lite e questione fra gli Uomini, la Comunità e l’Università di Auronzo e gli Uomini, la Comunità e l’Università dei consorti di Ampezzo che hanno parte nel Monte di Lareto in occasione della confinazione tra il Monte di Lareto che è di quelli di Ampezzo e il monte di Misolina che è di quelli di Auronzo, che erano indeterminati tra le dette Comunità, a terminare la questione e ad acquietare la lite furono costituiti ed ordinati i seguenti sindici e procuratri riconosciuti da ambedue le parti: dalla comunità degli Uomini ed Università di Auronzo furono eletti Pietro detto Catto del fu Giovanni detto Hornella, Odorico detto Macheto del fu Zanino del Morello di Tarino, Gerardo del fu Ugolino di Camarotto, Domenico del fu Pietro di

Giacomino, tutti di Auronzo e dagli Uomini, Comunità ed Università dei consorti di Ampezzo aventi parte nel

Monte di Lareto furono eletti ser Antonio di Zambello di Ampezzo di Cadore, ser Meneghello figlio di ser Paesio di donna Donella di Staolin d’Ampezzo insieme ad Andrea notaio del fu Giovanni notaio di Chiave d’Ampezzo, Marigo dei consorti del Monte di Lareto...i quali sindici e procuratori fra di loro, con animo buono, pura fede e senza nessuna discordia e frode, concordemente e comunemente confinarono e misero i termini e separarono il Monte di Lareto che è di quelli di Ampezzo, dal monte di Misolina che è di quelli di Auronzo... congregati sullo Stesso Monte di Misolina e di sfisura (apertura, forcella) verso oriente, e cominciando

dalla sommità delle dette Penne (crinale) venendo verso Misolina fino ad una pausa detta Pausa Marza che è Sotto una roccia che ha un Forame; e dalla Pausa Marza attraversando un piéi (pendio) e arrivando ad un masso che è in un certo rivo ed ha un abete alla sua sinistra, verso Misolina e proseguendo da quel masso e rivo fino a due abeti forcelli (dal tronco biforcuto) segnati con due “ruote” i quali abeti sono verso Lareto, e da essi proseguendo fino ad un altro abete che è sopra un laghetto ed ha il segno di una ruota, e proseguendo da quell’abete vicino al laghetto fino a due altri abeti segnati con ruote e proseguendo da quei due abeti si arriva sotto la via per la quale si va dal campo di Misolina in Ampezzo; e di là proseguendo fino ad un avedin (abete bianco) segnato con una ruota, e da quell’abete bianco proseguendo fino ad un abete che ha il segno di una

ruota, e da quell’abete sì arriva ad un ayer (acero) biforcuto dentro un rivo verso Lareto; e da quell’acero

ad un abete grande, di ruota in ruota da quell’abete fino ad un altro abete che è sotto un pendio, e da quell’abete fino ad un masso in una royba (frana) con sopra un larzon (larice maschio) e da quel masso si giunge ad una lasta che ha una croce sulla parte superiore; e proseguendo da quella lasta in linea retta fino alla Pausa Comunale, e dalla Pausa Comunale in giù c’è un rivo maggiore che scorre di là e divide i confini fra le dette Comunità e i detti monti e cioè della parte verso mattina (oriente) c’è il Monte di Mesulina che è di quelli di Auronzo e dalla parte verso sera (occidente) c’è il monte di Lareto che è di quelli di Ampezzo. Tuttavia fu stabilito fra loro solennemente che la Pausa Comunale è e deve essere Comune per l’una e
l’altra parte fra di loro, e che la parte che per prima andrà sulla Pausa o la occuperà che l’altra parte non possa né debba scacciarla o espellerla Inoltre che i predetti uomini e comunità di Auronzo possano liberamente andare e tornare con le loro pecore e bestie tutte per la via della Pausa Comunale in giù. Tutto quello che è sopra le Penne sia e debba essere comunale tra loro, così che quella parte che andrà o arriverà per prima nel detto luogo, che l’altra parte non possa né debba scacciarla. Ciascuna delle dette parti che pascolerà contro i sopraddetti confini, che ciascuna parte possa o sia in diritto di pignorare l’altra parte trovata sopra il proprio monte oltre i sopraddetti termini e confini e possa pignorare ogni giorno 6 pecore o bestie

o capre per ciascun ciou (gruppo) o gregge di pecore e capre o per qualsiasi mandria di monte; e per qualsiasi fedaria di piano possano pignorare solo due capi di pecore o capre ogni giorno; e le dette parti possano pignorare qualunque paio di buoi trovati sul monte e per un paio s’intendono due buoi, che perdano ogni giorno e ogni volta per ogni singolo soldi 3 piccoli (cioè) 6, e similmente si intenda per ogni altro armento cioè vacca, manzo o manza, vitello o vitella, cavallo o cavalla, mulo o mula, asino o asina... (infine i rappresentanti delle due parti si impegnano a rispettare la confinazione e le altre disposizioni in perpetuo)”. I confini delle Regole di Auronzo e la loro giurisdizione e possesso su Misurina e sulle sue adiacenze sono evidenziati ancora

meglio dalle cause avute con Dobbiaco dal 1341 al 1375: Il canonico Giuseppe Ciani, nella riedizione del 1940 della monumentale Storia del Popolo Cadorino, (a p. 291 scrive): "Un anno innanzi che i soldati imperiali entrassero nel Cadorino, i Doblacesi, violati i confini antichissimi, irruppero improvvisamente (anno 1341) nel territorio degli Auronzani, intromesse più mandre e greggi, con un buon numero di pastori e d'altra

gente che le guardasse, nei pascoli detti di Revis, parte di Mesorina, antichissimo possesso di quest'ultimi, nè prima giammai a memoria d'uomini, loro conteso. Pretendevano gli invasori che quei pascoli fossero loro stati usurpati; su che documenti si fondassero non lo sappiamo. Ben sappiamo che gli Auronzani, prontamente accorsivi, ne sequestrarono gli animali, e tradussero in Pieve al Capitano: ei facesseli costudire sino a tanto che fosse deciso a chi torto o la ragione. Ebbe allora inizio un ostinatissima lite, per la quale si agitarono a lungo i due popoli; terminata essa più volte, e rinnovatasi più volte, durata fino quasi alla metà del secolo decimottavo." Nel manoscritto di mons. Giovanni De Donà, (presente in originale nella Biblioteca Cadorina di Vigo di Cadore e gentilmente fotocopiato per le parti su Auronzo da Noemi Nicolai, a p. 303) troviamo scritto: "Delle molestie e violenze dei Doblacesi nel 1341, fino da quell'anno fu agitata dinanzi Tomèo Bonomo podestà di Cadore e Iprandel capitano del castello di Pieve una lite per pegni tolti dai saltari di Auronzo ad Arnoldo di Toblach nel Campo di Rivis appartenente al monte Musulina; e addì 28 gennaio del seguente 1342 il predetto podestà sentenziò: che i Campi e Pale di Rivis appartenevano al monte Mesurina e quindi agli Auronzani e non ai Doblacesi, e condannò l'Arnoldo a pagare i pegni, i danni e le spese". Ed ancora a p.

357: "1341, 14 agosto, Odericus Patere maricus de Auroncio appresentavit per ordine avutone Dominis Thomeo de Bonomo Cadubrii potestati et Iprandel capitaneo castri Plebis una cavalla e un cavallo negri, tolti dai suoi saltari nel Campo de Rivis appartenente al monte Mesurina dichiarando che giusti l'uso e gli ordinamenti erano stati tolti giustamente per pegno del danno fatto finora al Comune di Auroncio, e protestando che gli consegnava salvi i diritti che ci avea. Ammessa tale protesta, i signori Tomeo

podestà e Iprandel capitano assegnarono termine un mese a Pietro de Arnoldo de Doblaco ivi presente e affermante che quei cavalli erano suoi, e a qualunque altro di Doblaco che vantasse diritti sul Monte o nel luogo dove furono tolti, a ricomparire personalmente a dire le sue ragioni". La pergamena originale conservata nell'archivio di Auronzo, è stato pubblicata da Giovanni Fabbiani in: ("Auronzo Pagine di Storia", edizione 1990 a p. 427- 428). Nel documento ho notato che erano presenti a Pieve anche: "Ser Vani Mudario de Valle, Bencio de Ultra Rium da Plebe, Odoricus Patere Maricus de Auroncio,ed i suoi Laudadori Gerardus de Clisura e Zanuxius ser Petri Tamburli". Il 28 gennaio del 1342 il podestà di Cadore Tomeo de Bonomo sentenziò che il Campo di Rivis apparteneva al Monte de Mesorina di proprietà degli Auronzani. Nel 1752, quando la Repubblica di Venezia era ormai in decadenza, i Commissari ai confini riuniti a Rovereto non tennero in alcuna considerazione quella sentenza e cedettero ai Tirolesi non solo le Pale e l' Cianpo de Rivis, ma anche tutta la VaI Rinbon, la Gravalonga e parte delle Tre Cime di Lavaredo. (La sentenza del 1342 è stata pubblicata completamente, in latino da G. Fabbiani nel volume "Auronzo di Cadore, Pagine di Storia" a p. 429 430 e la pergamena originale è conservata nell'Archivio Storico del Comune di Auronzo). Qui propongo il regesto di mons. Giovanni De Donà manoscritto nell'opera citata a p. 357: "1342, 28 gennaio, nella lite vertente fra il Marigo di Auronzo da una parte e Pietro Arnoldo da Doblaco e Marcolino da Salvadajo di Pieve suo procuratore - dall'altra, sopra i pegni presi nel Campo di Rivis, luogo che il Marigo di Auronzo asseriva essere d'Auronzo e il Doblacese affermava essere anzi di Doblaco, visto il temine dato al Doblacese ed al suo procuratore a provare la ragion sua il quale nulla provò; visto il termine dato al Doblacese e al suo procuratore a far venire il suo principale che non venne; visti, uditi ed esaminati i testimoni prodotti dall'Auronzese, dai quali risultò evidente che il Campo di Rivis appartiene al monte di Mesurina

proprietà di quegli d'Auronzo; noi Tomeo de Bonomo Podestà di Cadore sentenziamo che il procuratore Marcelino debba pagare al Comune di Auronzo dieci soldi per ciascuno dei singoli cavalli e cavalle trovati a pascolare in Rivis, e restituire i cavalli pignorati e pagare le spese". Fatto nel Padeon di Pieve, presenti i notai Biaquino e Alessandrino e il Cirolego mastro Nicolao Rizzardo fu Tomaso di Pieve notaio." Nel frattempo il patriarca d'Aquileia Bertrando, morto l'imperatore Lodovico, decise che era arrivato il momento di liberare

il Cadore dai Bavaresi. Il 31 maggio 1347 i rappresentanti dei dieci Centenari cadorini si presentarono davanti a Bertrando nel Castello di Pieve per affermare la volontà dei Regolieri cadorini di riconoscere l'adesione a Aquileia, purché fosse assicurata la possibilità di autogovernarsi attraverso le ormai consolidate istituzioni delle Regole, delle Centene e della Magnifica Comunità di Cadore, alle quali avevano dovuto abituarsi anche i Bavaresi facendo buon viso a cattiva sorte. I Tirolesi che dopo la sentenza di Pieve erano rimasti tranquilli, nel giugno del 1374, invasero con una mandria di 96 cavalli e due buoi i pascoli di Rivis. Gli Auronzani, forti delle sentenze precedenti pignorarono tre cavalli conducendoli direttamente alla Comunità Cadorina di Pieve.

In vista della nuova vertenza di carattere giudiziario, il 12 luglio si riunirono i capofamiglia delle Regole di Auronzo ed elessero Pietro del fu Crescendino a loro procuratore. I Tirolesi intanto, incuranti, continuarono a pascolare a Rivis, all'ombra delle Tre Cime di Lavaredo e del Paterno; fu così che allora i saltari di Auronzo pignorarono altri quattro cavalli e due buoi. L'11 luglio del 1374 il capitano e il vicario del Cadore iniziarono la discussione della causa a Pieve. Ecco la traduzione dal latino di una parte della pergamena scritta 624 anni fa, conservata nell'Archivio Antico del Comune di Auronzo, che racconta come si svolse la causa contro i Tirolesi:

"In nome di Dio eterno, io detto Graziano Conte segretario a nome dello Stato del Cadore, delegato giudice ufficiale e commissario per tutte le cause nella terra del Cadore e in particolare per questa causa, e stimato come specialista nel risolvere questa questione dal sapiente, tuttora vivente esperto di diritto D. Ludovico di Biscoffi da Sacile Capitano generale del Cadore per il Sommo Padre in Cristo DD Marquardo per grazia di Dio nobilissimo Patriarca della chiesa di Aquileia sede Apostolica, e per la stessa chiesa di Aquileia, signore generale della Chiesa del Cadore, e dall'eccellentissimo Vicario quale patrocinatore della causa e della questione vertente fra Federico fu Giovanni di Ornella e Antonio detto Martino Merighi delle Comunità

di Auronzo (Regole di Villagrande e Villapiccola), contemporaneamente secondo i propri interessi e le richieste della Comunità e Pietro di Crescendino di Auronzo Procuratore degli Uomini e della Comunità di Auronzo (che era stato eletto il 2 luglio 1374 a rappresentare per tutta la durata della causa la Regola di Santa Giustina, nda) ad un tempo parte agente e richiedente; e Arnoldo di Arnoldo di Dobbiaco e Huolayden da Dobbiaco e di Enrico della suddetto luogo secondo i propri interessi e della Comunità degli Uomini di Dobbiaco difensori di se stessi dall'altra parte, perché certamente questa questione era parimenti importante fra le stesse parti in causa. Infatti i suddetti Federico di Ornella e Antonio detto Martino Merighi e Pietro di

Crescendino, ai già nominati Arnoldo, Huolayden e Enrico e agli altri di Dobbiaco chiedevano e chiedono che i loro saltari (guardiaboschi) di Auronzo, Marco di Pietro da Azzo, Giovanni da Cella di Auronzo e Pietro di Velino di Auronzo, possano tornare, com'è l'usanza a svolgere le loro mansioni di saltari attraverso il Monte di Misulina , del cui Monte i confini sono tali che a levante si stabilisce il limite nel Monte di Maraja che è degli Uomini di Auronzo e in Pocosta (Costauta o bosco de Mesorina, nda) e in Campedel (Cianpedel, nda) verso settentrione. Verso occidente nella strada della Valle delle Penne (Popena Basa, nda) in prossimità di Landro, la quale è un strada comune e pubblica, verso mezzogiorno nel Monte di Lareto, il quale Monte è degli Uomini d'Ampezzo. Questo Monte di Misulina è situato nei confini sopraddetti e per pieno diritto è di pertinenza

della Comunità di Auronzo sul qual Monte gli Uomini di Auronzo vissero e vivono nella pacifica e quieta occupazione del pascolare il bestiame, di tagliare legna, monticando e costruendo abitazioni (le casere e i ricoveri per i pastori ed i boscaioli, nda), da dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, sessanta anni… da così tanto tempo che la memoria degli uomini non permette di giungere tanto lontano, e qui i sopraddetti saltari trovarono sul Monte di Misulina nei Campi del suddetto Monte nel luogo denominato Dentro Rivis (i pascoli di Rivis compresi tra la Torre dei Tre Scarperi, la Torre di Toblin ed il Paterno, nda) nei pascoli compresi nel nostro territorio, 96 cavalli e cavalle e due buoi degli Uomini di Dobbiaco che furono indicati di proprietà in parte di Enrico di Dobbiaco, in parte di Huolayden di Dobbiaco ed in parte di Fritz di Dobbiaco e di altri

Uomini di Dobbiaco e lì accettarono per pegno (i saltari di Auronzo per poter contestare al vicario ed al capitano di Cadore l'intrusione sui propri pascoli degli animali di Dobbiaco, presero ai pastori di Dobbiaco alcuni animali per condurli come prova evidente del reato al castello di Pieve di Cadore, nda) quattro cavalli e cavalle e intimarono ai pastori di Dobbiaco di andarsene dai loro pascoli entro quattro giorni". Lodovico Biscoffi tentò di fare del suo meglio per risolvere la vertenza, ma non fu così facile come era sembrato

fin dall'inizio: i tempi diventarono lunghi e per l'occasione salì al Castello di Pieve anche Marquardo, patriarca d'Aquileia. Il 20 settembre 1374 questi ascoltò le lagnanze di ser Arnoldo q. Arnoldo di Dobbiaco, rimandando ogni decisione all'11 novembre dello stesso anno. Ma i tempi si allungarono ancora e la causa venne ripresa solamente il 16 febbraio del 1375. In quell'occasione Pietro di Crescendino, procuratore di Auronzo presentò ben sette documenti che provavano la proprietà, fin dai tempi più remoti di tutta la Monte de Mesorina.

La pergamena più antica risaliva al 24 giugno 1209. Era stato scritto dal notaio Azone di Ampezzo e risulta scomparsa da anni. L’ultimo ad averla tra le mani fu Mons. Giovanni De Donà che la nominò nel suo manoscritto conservato presso la Biblioteca di Vigo di Cadore. Gli altri erano del 14 agosto 1341, del 25 settembre 1341, del 28 gennaio 1342, del 14 luglio 1374, del 20 settembre 1374 e del 12 ottobre 1374. In uno dei documenti presentati, conservato nell'Archivio di Stato di Venezia, provveditorato ai Confini, busta n.193 c'è scritto: "Quod cum commune et homines de Aurontio teneant et possideant, tenuerint et possederint fuerint et sint in antiquissima possessione Montis de Musulina infra confinia a mane in Monte de Maraja, et in Pocosta, et in Campedel versus sera in via de Valle Penes Landrum: qua est via communis, a pubblico versus meridien in Montem Lareti, a Campo de Rivis, Primera Bona, Lagi Zunci, Longiere, Cengia, Lavaredo et aliorum locorum dicti Montis quiete et pacifice, noviter autem per homines de Doblaco inquietentur, et eis molestia inferatur". Nella stesso busta, in un altro documento ho trovato: "Sono certi Monti e Valli, luoghi boschivi in bona parte, parte prativi et parte di ruvidi et nudi sassi nei confini delle ville di Doblaco et di Aurontio detti con nome generale Monte de Mesorina, se ben li luoghi particolari di esso son poi con altri diversi nomi chiamati". In un altro ancora: "Primo non esser il Monte Mesorina un corpo solo di Monti ma un aggregato di più siti, che sono li seguenti: La Valle del Passo che viene da Landro verso Popena, passando lo strada che porta a Botestagno, la Valle dello Spalto, Popena Basa, Popena Auta, i Paludete, Monte Piana, i Cianpete, Rinbianco, La Piaza n' zima la Luoita, l' Palù Gran de Cianpestrin che arriva alla Fontana de Ciaudiera, Col Sant'Angelo, l' lago de Mesorina, l' Cianpo de Mesorina, Pausa Comune, la Val de Rinbon, le Pale de Rivis, la Monte de Rinbon, Col de Medo, le doe Montes de Ongere e le Cianpedele. Qual monte comprensivo delli siti confina a mattina parte nelle crode confinanti con Sesto (Sexten), parte nel Vallone verso Auronzo, passa al Col de Varda e in Pocosta col monte Maraja a mezzogiorno parte in Pausa Comune con Ampezzo e parte in Primiera Bona, (Valbona) a sera parte nel monte Larieto e parte nella Croda del Spalto fino alla strada della Valle del Passo, ch'è la strada Comune e Pubblica che porta a Botestagno, a null'ora (tramontana) parte nella strada medesima fino a Landro, e parte nelle crode della Valle di Rinbon fino alle Palle, o Campi di Rivis, Confin con San. Candido". Finalmente il 10 marzo del 1375, Graziano Conte Vecellio diede lettura della sentenza che stabilì come gli auronzani, rappresentati dal marigo Pietro de Crescendino ' cum ipsi de Auroncio habent meliora et potiora iura in dicto monte de Misulina infra confines

in petitione declaratos tam in proprietate quam in possessione', ribadendo i confini del Monte de Mesorina tali e quali come descritti nei documenti trovati negli archivi e pubblicati sopra. Il 15 agosto 1381 “Petrus q. Dominici de Tarino de Auroncio de Cadubrio maricus tocius Comunitatis et Regule de Auroncio videlicet

de Villa Sancta Justine et Sancti Luchani de Auroncio pro se ipso et vice et nomine omnium et singolorum hominum et personarum tocius contrate de Auroncio concessit et locavit ad pensionem Peter q.Fauter de Sancta Maria de Doblaco …omissis…integraliter totam unam peciam prati jacentis in monte de Mesurina a collo lacus majoris de Mesurina ultra usque fortilicias Cadubrii » Se le due Regole affittavano una parte delle adiacenze di Misurina a quelli di Dobbiaco significa che ne avevano la proprietà. Auronzo, 9 febbraio 1458, locazione di alcune località di pertinenza delle Regole di Auronzo a un Austriaco. Originale in Archivio del Comune di Auronzo, Busta 1, traduzione dal latino di Doriana Majani. Così sia in nome di nostro Signore Gesù Cristo. Anno 1458 dalla nascita di Nostro Signore Gesù Cristo, giorno 9 del mese di febbraio. Redatto in casa di Bartolomeo Gilardi d'Uliana di Auronzo. Presenti il prete Domenico parroco di questa località, Leonardo Bernaboni notaio di Domegge, Donato da Ronco da Vigo, testi degni di fede, e interrogato Nicolò Maccanelli

di Auronzo in qualità di marico della Comunità di Auronzo, Bartolomeo Gilardi d'Uliana è nominato all'unanimità laudatore per testimoniare a favore e estendere le volontà degli Uomini di Auronzo ivi convenuti per laudare e confermare con approvazione umanime il contratto di locazione di Jacopo Gravolini, Jacopo Rizzardi de Val de Redo, Giovanni Cati, Domenico Gilardelli, Zan de Jacobo di Roja, Lucano di Candido e suo fratello e Nicolò fu Domenico di Benai che a nome degli Uomini di Auronzo assegnarono, consegnarono e dettero in locazione rinnovando l'affitanza di anno in anno, a Nicolò detto Bosirmo di Sesto Teutonico (Sesto di

Pusteria, nda.) che ricevette a nome degli Uomini di Sesto un monte suddiviso in più parti e in diverse località, per una sola parte di un monte che si chiama Primere Bona. E anche una parte di esso Monte denominato Lago Zumei (I laghetti che stanno a nord delle Tre Cime di Lavaredo dove gli abitanti di Dobbiaco hanno costruito la malga, nda.), e una parte di questo monte chiamato Campo di Rivis (i pascoli che attorniano l'attuale Rifugio Locatelli,nda.) e una parte dei Monti denominati Longere (la Monte di Dentro e la Monte di Fuori situate a sud ovest delle Tre Cime di Lavaredo che venivano anche denominate "le doe Montes de Ongere", nda.). Parimenti una parte dei Monti denominata Lavaredo che dà complessivamente il nome di un solo Monte a più località (tutti i Piani di Lavaredo che si estendono a sud e a est delle Tre Cime fino alla Forcella omonima, nda.), che il suddetto Nicolò riceve in locazione dai soprascritti Uomini della Comunità di Auronzo per sette anni, impegnandosi a versare alla Comunità di Auronzo il giorno di San Martino, quattro ducati ogni anno. (Se le Regole di Auronzo danno in locazione tutte queste località, significa che possono farlo perché ne hanno la proprietà). I sottoscritti Uomini di Auronzo promettono al suddetto Nicolò qui presente che riceve questa locazione e rinnovo dell'affittanza legittimamente dagli Uomini, Commune e Università di Auronzo (Le Regole sono definite Università) i quali promettono formalmente di garantire legalmente il rispetto delle norme, mantenendo ed ottemperando con zelo a tutti gli obblighi in essa previsti, impegnandosi a non effettuare nel frattempo un altro contratto di locazione, purché gli impegni di locazione siano rispettati

da entrambe le parti. Promettendo di rispettare, osservare, adempiere e non venir meno agli obblighi assunti: Lode a Dio. Io Agostino Palatini pubblico notaio in Pieve di Cadore, chiamato dalle parti a scrivere questo contratto di locazione, fedelmente scrissi apponendovi il mio consueto Segno. Relazione di Francesco Tiepolo Luogotenente d'Udine presentata al Senato della Serenissima il primo luglio 1744. Tratta da: "Relazioni dei Rettori Veneti di Terraferma, - La Patria Del Friuli" (Luogotenenza di Udine), Istituto di Storia Economica

dell'Università di Trieste, Milano 1973. “Serenissimo Principe, Tra le gravi incombenze, in cui necessaria si deve la più gelosa ispezione del reggimento di Udine, vi è quella di presiedere alla quiete dei confini di quella vasta Provincia, alla quale s'aggiungono per giusto diritto di superiorità quelle del Cadore, e della Carnia. Le ville della contrada di Gradisca, e del contado di Gorizia da una parte, quelle del Tirolo dall'altra nell'innato

desiderio di dilatare i propri limiti, tengono in continua agitazione li sudditi confinanti di Vostra Serenità.

Nell'assumere quel pesante carico si trovò la mia obbedienza necessitata ad immergersi nell'applicazione della materia; poiché da ogni parte rimirai con dispiacere da violente operazioni di fatto degl'austriaci o risvegliate antiche pretese, o da nuovo promesse, onde, assecondando le direzioni tenute con merito dai miei predecessori, mi diedi a versare sulle qualità delle controversie molteplici, sicchè procurare si potesse la tanto desiderabile quiete con opportuni provvedimenti. Le due Ville di Auronzo nel Cadore, che col più prezioso loro patrimonio dei Monti confinano con Doblaco Tirolese. Come è evidente in questo ed in molti altri documenti, le due Regole di Villa Granda e Villa Piccola sono definite le due Ville e sono ritenute le leggittime proprietarie del territorio. Nei prossimi giorni cercherò di recuperare tutti i manoscritti più importanti che dimostrano la proprietà di Misurina e delle sue adiacenze, per oggi basti dire che a parte la cessione di piccole porzioni di territorio ai Tirolesi, i documenti di cui sopra furono tenuti validi e riconfermati anche dalla Commissione plenipotenziaria, riunita a Rovereto nel 1752. Il trattato fu ritenuto valido e firmato dal Doge di Venezia Francesco Loredano il 13 gennaio 1753 e dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria il 7 aprile 1753. Auronzo perse tutta la Val Rinbon ma mantenne il possesso di Misurina, Val Popena, Cristallino di Misurina, Piz Popena, parte del Cristallo, la Valfonda, Monte Piana, Parte della Croda e della forcella dell’Arghena,
parte delle Tre Cime di Lavaredo e del Paterno, parte della Croda dei Toni e del Popera. Con quel trattato si confermò definitivamente il possesso di Misurina e delle sue adiacenze da parte delle due Regole di Villa Granda e di Villa Piciola. Il trattato Commissionale manoscritto a Rovereto dal Procuratore Veneto ai Confini il 23 ottobre 1973, firmato dal Commissario Veneto ai Confini Francesco Morosini e da quello austriaco Paride di Wolchenstein, è conservato in copia nell’archivio del Comune di Auronzo, busta 27/I/12. La copia è stata manoscritta dal notaio Giovanni Battista Corte da copie ed originali esistenti “nell’Archivio del Commune

Generale di Auronzo”. Il trattato originale è conservato negli archivi di Stato di Venezia e Vienna. Il trattato assegna definitivamente alla Comunità di Auronzo tutta Misurina e le sue adiacenze, che sono comprese

nella linea di confine che dalla cima del Monte Cristallo, scende al Ponte della Marogna, sale alla cima di Monte Piana, scende nella val Rinbon al Sasso Gemello, sale alla cima del Monte Arghena, alla vetta delle Tre Cime di Lavaredo ed alla cima del Monte Paterno. Quindi tutta Misurina, la Val Popena Bassa, la Val Popena Alta, il Piz Popena, Rinbianco, la valle che da Rinbianco sale alla forcella Longeres, la val de l’Aga fino a forcella Col di Mezzo, le due Monti di Dentro e di Fuori (anticamente denominate le due montes de Ongere), i Piani di Lavaredo, il versante sud delle Tre Cime di Lavaredo, i Piani di Cengia e tutti i Cadini di Misurina compresa Federavecchia e Maraja sono riconosciuti come antica proprietà delle Regole di

Auronzo in base agli antichi documenti (pergamene e manoscritti) che ne dimostrano il possesso. In quell’occasione furono redatte dagli ingegneri veneti ed austriaci delle mappe che ho ritrovato nell’archivio

di Stato di Vienna e che ho pubblicato nel volume “Auronzo Terra di Frontiera” alle pagine 106 – 111.

Le mappe che sono state commissionate direttamente dall’imperatrice Maria Theresia d’Austria e dal doge di Venezia Francesco Loredan, indicano chiaramente e senza alcun ombra di dubbio, quali sono i limiti del territorio di proprietà delle due Regole di Villa Granda e Villa Piciola. Dopo quel trattato non vi è mai stata alcuna discussione tra le Comunità di Auronzo, Ampezzo e Dobbiaco ed ognuno ha riconosciuto e rispettato le proprietà degli altri. I cippi di confine posti nel 1753, quotati, fotografati e pubblicati nel mio volume “Auronzo Terra di Frontiera”, dopo ben 250 anni, sono ancora là a testimoniare i limiti territoriali delle tre Comunità.

Nel trattato i marighi delle Regole di Auronzo vengono denominati come “Capi o Reggenti del Comune d’Auronzo”. Nel trattato originale in pergamena, che porta la firma in calce dell’imperatrice d’Austria Maria Theresia, che si conserva nell’archivio di Stato di Venezia e che ho pubblicato integralmente in fotocopia nel già citato volume, “Auronzo Terra di Frontiera” alle pagine 166 –168, a p. 175, tra l’altro c’è scritto che “Tutto quello che si ritrova dentro la detta linea divisoria verso Auronzo s’intende generalmente essere nella sua entiera estensione del Territorio Veneto E GODIMENTO PRIVATO DEGLI AURONZANI; dovendo questi limiti essere sacri ed inviolabili negli tempi futuri”. In un “Istruzione Segreta per il Signor Provveditore ai Confini del Friuli” redatta dal Senato della Repubblica di Venezia nel 1764, troviamo scritto: “Nella convenzione 20 ottobre 1752, seguita tra li due Commissari Veneto ed Austriaco furono terminate ancora le questioni di piccola importanza, e fu specialmente convenuto che, NELLA PARTE DEL TERRITORIO VENETO SI RISERVA LA PROPRIETA’, E IL GODIMENTO PRIVATO DEGLI PRATI ALLI POSSESSORI PARTICOLARI. COSI’ FU SALVA LA RAGIONE DEL PRINCIPE TERRITORIALE SENZA TURBARE QUELLA DEL PROPRIETARIO PRIVATO, QUALUNQUE EGLI FOSSE, PERCHE’ SI TROVAVA IN PACIFICO GODIMENTO DELLE COSE SUE. Ed ancora “CHE LE COMUNITA’ E LI PRINCIPI STESSI NELL’USO DE’BENI LORO ALLODIALI, E PARTICOLARI UNTUNTUR JURE PRIVATI. L’ALTRA CHE NELLE DIVISIONI DE’TERRiTORI CHE TUTTO GIORNO SUCCEDONO TRA PRINCIPI PER MOTIVI DI GUERRA, O D’ALTRO, IL CAMBIAMENTO DELLA SOVRANITA’

TERRITORIALE NON CAMBIA, NE’ TOGLIE IL FONDO, O SIA IL DIRITTO DI PROPRIETA’ INNANZI POSSEDUTO DAL PRIVATO PADRONE”.

 

Tratto da "Auronzo Terra di Frontiera" scritto e pubblicato nel 1999 da Gianni Pais Becher con il contributo della Regione del Veneto e del Comune di Auronzo.



 

 
 
 
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